Inviato: Mar 22 Giu 2010-20:59 pm Oggetto: Coltello Bergamasco, un po' di storia...
Ho avuto la fortuna di trovare in una rivista del "Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana" un bellissimo articolo che vi ripropongo di seguito, spero possa essere di vostro interesse:
Da Caccia in Val Brembana - Agosto 2005 - Anno IX - n° 25
Di Piergiorgio Mazzocchi
Nelle valli bergamasche, ad una economia basata su una povera agricoltura di montagna, è sempre stata affiancata unattività artigianale di lavorazione del legno e del ferro, per integrare le entrate e per coprire i tempi morti dati dalle pause stagionali e vista anche la disponibilità di materie prime come legname, ferro e l abbondanza dacqua da sfruttare come forza motrice. Soprattutto in inverno ci si dedicava alla costruzione di oggetti di supporto allagricoltura o per la casa. Tra gli oggetti di uso quotidiano, indispensabili per chi lavora in alpeggio, nei boschi, o per chi si dedicava alla caccia, era il coltello da tasca.
Quel coltello tanto amato da essere quasi un oggetto di culto da parte di alcuni, che lo personalizzavano con intagli a motivi tradizionali e con il nome del proprietario. Della ricchissima produzione di armi bianche nel medioevo e fino al XVII secolo, armi in asta come alabarde, falcioni, ronconi, partigiane, prodotte a Zorzone e Oltre il Colle, alle lame e spade prodotte a Gromo, dove si producevano finissime spade e lame grezze da esportare ("traggonsi lame grezze da Gromo, Gandolì et Colaret" cita un documento del secolo XVII, conservato nella biblioteca Queriniana di Brescia), sino ai coltelli da macelleria prodotti a Clusone, esportati e apprezzatissimi in Inghilterra allinizio del XX secolo, non rimaneva alla metà di quel secolo che la produzione di attrezzi agricoli dei magli e la piccola produzione locale di coltelli da tasca. Nelle nostre valli, già sin dal tempo dei romani, e forse anche prima, si estraeva il ferro, che era lavorato sul posto, ed è proprio grazie alla presenza di minerale ricco di ferro che si era sviluppata la produzione di armi bianche che cominciò a decadere con lavvento delle armi da fuoco. Il coltello bergamasco è un manufatto esclusivamente da lavoro o duso quotidiano, ben lontano dai modelli e misure di altri coltelli italiani che già fin dal primo sguardo fanno capire che non erano certo stati fatti per tagliare un pezzo di bergna (carne secca, n.d.r) o di formaggio. Tuttavia proprio perché di uso quotidiano e oggetto personale raggiunse, grazie anche allabilità, allestro e in alcuni casi al gusto artistico del coltellinaio, una forma e un modello che si è guadagnato, sul libro Coltelli dItalia di Giancarlo Baronti questo bellissimo riconoscimento " uno di più belli tra i coltelli italiani, il coltello bergamasco, che con la mobilità delle sue semplici linee, la proporzionata leggerezza e insieme la potenza delle sue meditate forme riesce immediatamente a dare il senso della perfezione estetica e del rigore funzionale".
Modello classico Valle Brembana
IL MODELLO BASE
Il coltello bergamasco tuttavia andrebbe meglio definito in quanto ci sono modelli diversi dovuti ai luoghi di produzione, modelli dettati anche dalluso a cui era destinato. Si vengono così a formare due modelli principali, come ho avuto modo di definire modello Val Brembana e modello Val Seriana. Il primo è il classico bergamasco, con la lama ricurva, adatto a lavorare un pezzo di legno, forme di formaggio, scuoiare, costruire archetti. Si presenta con un filo ricurvo, una gobba sul lato opposto, vicina alla ghiera, che facilita limpugnatura perché permette di appoggiarvi il pollice. Dalla gobba in poi, più o meno marcata a seconda del gusto del coltellinaio, si delinea uno sguscio tale da conferire la forma di una mezzaluna. Il manico di solito è in legno di bosso, a volte di corniolo. La produzione degli anni sessanta-settanta lo vede in faggio fino agli ultimi in ciliegio e in noce; vi sono tuttavia delle eccezioni rare, ma gustose di esempi in corno bovino (Foppolo e Pizzino). Anche il manico ha una forma molto particolare: è leggermente ricurvo per contenere la lama e termina, al tallone, con una elegante protuberanza che migliora la presa, oggi lo definiremmo di forma anatomica. La ghiera, oltre che di valore estetico serve per fissare meglio la lama, nei più antichi è in ferro ora è di ottone. Non esiste il fermo per la lama e questo è dovuto al fatto che, con il fermo, il coltello rientrava nei modelli proibiti. Le forme ci appaiono già abbastanza definite negli affreschi del 400, presenti sul nostro territorio, e anche in alcuni dipinti del secolo successivo. I primi coltelli tuttavia erano a tronco fisso. Il coltello chiudibile, anche se conosciuto, era più raro e soltanto in seguito per le restrizioni imposte, per motivi di sicurezza, si venne a formare la forma attuale chiudibile. A questo proposito è possibile vedere nel Museo della Valle, di Zogno, unordinanza austriaca del 1830, nella quale si stabilisce la forma e la misura dei coltelli permessi e le pene per chi portava modelli vietati.
ECCO I PIÙ ANTICHI
Ecco uno dei dei modelli a tronco fisso più antichi. La lama più grande è probabilmente la più antica ritrovata fino ad oggi. La seconda non è mai stata montata sul manico, è rimasta un incompiuto. La lama del coltello intero si può far risalire negli Anni a cavallo dei secoli XVI-XVII. È montata su un corno di camoscio, probabilmente posteriore allepoca della lama.
Coltelli di Carona a lama fissa ma non antichissimi, probabilmente erano destinati alluso in cucina.
Coltello che in origine era a tronco fisso e rifatto successivamente a modello
chiudibile.
Tronco fisso, molto vecchio, la lama già richiama il modello classico brembano.
LO USAVANO PER ACCENDERE IL FUOCO
Vecchissimo serramanico, privo di punzone. Difficile stabilire letà di questo coltello, una cosa è certa: sul dorso della lama presenta una zigrinatura a motivi apparentemente ornamentali, si tratta invece della parte metallica dellacciarino. Sfregando la pietra focaia sul dorso della lama ( si nota sul pezzo una notevole usura), si ottenevano le scintille che cadendo sullesca accendevano il fuoco. Noi siamo abituati ad accendere il fuoco con laccendino, alcuni ricordano, o usano ancora i fiammiferi, ma luso dellacciarino arriva almeno fino alla metà del secolo XIX .
IL COLTELLO A DUE MANI
Anche oggi ci sono dei tentativi di applicare un fermo alla lama per renderla più sicura. Io sono dellidea che chi non sa usare un coltello come questo forse è meglio che non usi coltelli da tasca. Le lame erano anticamente ricavate da vecchie lime, balestre di carro e anche dal codolo della falce quando questa aveva raggiunto il limite del suo utilizzo, tuttavia anche in epoca piuttosto recente vi erano dei coltellinai che ricavavano in loco il metallo come, ad esempio a Mezzoldo dove Carlo Molinari, 1880 1944, estraeva in una località vicino allattuale bar Baita il metallo. Preparava e ammassava il minerale allinterno di una catasta di legna e una volta esaurito il fuoco, portava a valle i blocchi di metallo che si erano formati con il calore, questo era poi purificato con martellatura. Questa tecnica molto probabilmente era usata anche in altre zone, in periodi di scarsità di materiale e certamente è quanto rimaneva della conoscenza delle tecniche usate nellantichità per ricavare il metallo che si lavorava nelle nostre valli. Il Molinari di professione era boscaiolo e in inverno costruiva coltelli su ordinazione, possedeva una piccola fucina, senza maglio, preferiva usare acciao di lima, in mancanza di questo se lo autoproduceva. Costruiva anche modelli molto grandi per lavorare il legno ( vengono infatti impugnati come un coltello a due mani), i suoi coltelli, tra quelli vecchi, sono i più grandi: arrivavano, aperti, fino a 36 centimetri, come un pezzo in mio possesso, contro i 31 centimetri del modello di Cassiglio. A Mezzoldo erano attivi fino al 1925, in località Scaluggio, un maglio, una segheria e un mulino, posti a diversi livelli nella stessa casa per sfruttare meglio la caduta dellacqua. Purtroppo lultima alluvione ha portato via tutto Più su, verso il passo San Marco, più o meno nella zona già citata, cera una fonderia. Quindi si lavorava tutto in loco!
Il coltellinaio rimasto più famoso in valle è Paolo Anovazzi di Valtorta scomparso negli Anni Ottanta del secolo scorso, è anche stato lultimo della vecchia generazione. Usava molto lame ricavate dalle lime, bosso per il manico, firmava le lame con il punzone APV ( Anovazzi Paolo Valtorta), possedeva una piccola fucina, senza maglio e anche suo padre era coltellinaio. A Valtorta esisteva anche una forte tradizione nella produzione di chiodi, alla quale si dedicavano diverse famiglie in inverno.
Il grosso coltello usato a due mani di Mezzoldo
LAME RICICLATE DALLE FALCI
Altra famiglia molto famosa in valle era quella dei Belotti di Camerata Cornello che produceva non soltanto coltelli da tasca, ma anche pezzi da cucina, da macelleria e ferri agricoli. Lultima produzione di coltelli non era firmata (esistono vecchissimi modelli con il punzone B, ma non è accertato che siano loro); tuttavia, i loro modelli sono riconoscibilissimi perché avevano i Belotti labitudine di lavorare il manico, sempre in bosso, con una zigrinatura a calcio di pistola ed anche se altri occasionalmente la usavano, questa è rimasta una loro peculiarità. Usavano per le lame vecchie lime, balestre e forse sono stati gli unici a riciclare il codolo della falce, che era fornito dallo stesso richiedente.
I Belotti erano abilissimi anche nel forgiare i ferri da miniera con una conoscenza molto approfondita anche sul minerale da estrarre e in base alla qualità di questo forgiavano, dopo aver analizzato il sasso, un ferro con tempra adeguate a questo usando la tecnica del fer assalat: su una lama morbida si applicava sul filo, per bollitura, una lamina più sottile di acciaio durissimo, tecnica questa conosciuta e applicata anche dai Celti e precede la tecnica dellacciaio a strati o damasco.
Anche a Zorzone, ed è naturale data la secolare tradizione della produzione di lame, e del lavoro in miniera, era attivo fino agli Anni settanta, ottanta del secolo scorso Angelo Palazzi detto Pustì. Costruiva il modello classico della valle Brembana su ordinazione e a volte usava la zigrinatura come i Belotti, probabilmente su espressa richiesta del committente. A Carona vi erano magli, fucine, segheria e mulino (ora in fondo al lago artificiale) dove probabilmente si lavorava il metallo estratto sullArmentarga. Fino agli Anni settanta è stato attivo Riceputi Giuseppe 1888- 1972, professione mugnaio e fabbro. Costruiva coltelli soprattutto per i bergamì, comunque su ordinazione. Punzone GR con il segno dellunghia molto elegante che richiama un animale mitologico, forse un coccodrillo. Anche il figlio Fiorino Riceputi (1913-1973) era costruttore di coltelli, il soprannome di famiglia era i Ferdinancc). Il nipote che ci ha raccontato la storia possiede ancora tutta lattrezzatura e non sa se cerano altri coltellinai. Tuttavia possiedo tre coltelli con il punzone BC CARONA, il che fa pensare che nelle fucine si lavorassero un buon numero di coltelli da mandare sui mercati o nelle fiere, e che ci fossero altri coltellinai. Anche il coltello di Carona ha il manico in legno di bosso e la qualità dellacciaio è elevatissima.
Produzione APV - Annovazzi Paolo Valtorta
Produzione Belotti di Camerata
Lama punzonata BC Carona
Bel modello con lama firmata Riceputi
IL PIÙ SCONOSCIUTO, E ANCHE IL PIÙ BELLO, È QUELLO DI FOPPOLO
Il coltello più sconosciuto, ma senza ombra di dubbio il migliore per qualità dellacciaio (forse lame di Carona), ed abilità di costruzione oltre a gusto artistico è quello forgiato a Foppolo dove erano attivi fino a circa settantanni fa i Papetti, Antonio, Luigi e Sandro. Di professione bergamì, possedevano un piccola fucina dove in inverno costruivano coltelli e piccoli attrezzi su ordinazione. Erano anche bravissimi a scolpire il manico in bosso con animali mitici come si può vedere dalla immagine che proponiamo:
Coltello di Foppolo di costruzione Papetti, ma con lama dal punzone ancora sconosciuto
Uno dei rarissimi esempi di manico in corno bovino proviene da questa famiglia, laltro è di un certo Vitali, vissuto allinizio del secolo scorso a Pizzino (Taleggio) dove faceva il bergamì transumante tra Pizzino destate e la bassa milanese in inverno. Costruiva coltelli in corno bovino, abbelliti con intarsi in ottone usando la tecnica del chiodo: praticamente eseguiva dei disegni ottenuti con una specie di punteggiatura fatta con chiodini di ottone con un ottimo risultato estetico. Probamente acquistava le lame.
Alti coltelli erano prodotti in zona Acquada (Zogno), ma non è dato saperne di più per il momento come del resto per Cassiglio.
Anche a Lenna nelle vicinanze del santuario della Madonna della Coltura probabilmente producevano coltelli Rinaldo Paganoni e Vittore Calvi.
Le due famiglie possedevano mulino, maglio e fucina. Poco lontano, in località Miniera, vi era effettivamente una miniera di proprietà della famiglia Calvi. Che qui si costruissero coltelli è qualche cosa di più di una supposizione, perché alcuni pastori (i Cler) ricordavano coltelli provenienti da quella zona.
Anche in valle Imagna, fino agli Anni Cinquanta del secolo scorso, si facevano coltelli da cucina in gran numero, e da tasca su ordinazione (specialmente roncole chiudibili), a Rota Dentro dalla famiglia Moscheni ( i Cinqui) che possedeva un maglio sul torrente Imagna.
Nel maglio di Clanezzo dove la famiglia Personeni ha lavorato dallinizio del secolo scorso non si producevano coltelli da tasca, in compenso si forgiavano in gran numero di coltelli da cucina fino agli Anni Sessanta.
LA PRODUZIONE OGGI È A... PREMANA
Praticamente se si scava nella storia si può trovare una produzione di coltelli modelli Valle Brembana in ogni paese dellalta valle, coltelli che venivano esportati anche in Francia dai nostri emigranti, soprattutto dai boscaioli e dai carbonai sin dall 800, e in numero di pezzi piuttosto elevato. Con la scomparsa degli ultimi coltellinai si è corso il rischio di perdere la tradizione del nostro coltello; tuttavia lattaccamento e labitudine a quelle forme e linee da parte della nostra gente ha fatto in modo che la produzione fosse portata avanti dai coltellinai di Premana. Il coltello bergamasco non è nato a Premana, tuttavia, data la richiesta del mercato e dei rivenditori ( molti coltelli venivano prodotti per negozi con il punzone recante il cognome del rivenditore, quindi può capitare di vedere gli stessi coltelli con firme diverse), la produzione continua ancora oggi, sia nei modelli Valle Brembana sia Valle Seriana, anche se la qualità delle lame lascia un po a desiderare in confronto alla produzione autoctona. Va comunque riconosciuto il merito ai premanesi di aver mantenuto viva la nostra tradizione.
Negli ultimissimi anni, grazie anche allinteresse dei collezionisti e la voglia di una riscoperta della nostra coltelleria, è rinata una produzione bergamasca dei nostri coltelli. Si tratta di appassionati, saggiamente consigliati da qualche esperto come ad esempio Benedetto Valoti del Maglio di Seriate( la sua famiglia esercita la professione del maer maestro di ferriera - da generazioni ) i quali hanno ripreso una produzione, piccola sì, ma di notevole qualità sia dal punto di vista estetico, anche con legni e materiale pregiato, sia nellacciaio, riproducendo anche il damasco o acciaio a strati. Benedetto è anche il portatore di tradizione e conoscenza della lavorazione e forgiatura del gruppo di ricerca Coltellinai e forgiatori bergamaschi molto conosciuto anche fuori provincia, in Italia e anche allestero. Lassociazione, nata nel 1991, su iniziativa di una gruppetto di cultori, Emilio Alberici, Luca Pizzi, Danilo Brugali, Flavio Galizzi che presero spunto dalliniziativa di Eligio Ambrosioni di riproporre una dimostrazione della forgiatura del damasco nel maglio di Seriate di Benedetto Valoti. Anche a tutti i nuovi coltellinai e stimatori va un ringraziamento per il merito nel tener viva una tradizione a molti sconosciuta, per il rinato interesse che permette, ad altri di sfoggiare con gli amici un belloggetto del quale si va fieri e che è considerato di identità.
I COLTELLI DEL COMPRENSORIO
Anche il nostro Comprensorio ha fatto la sua parte per recuperare la tradizione dei coltelli delle nostre valli. Due infatti sono state le iniziative che hanno avuto al centro lame della Valle Brembana e della Valle Seriana. La prima è stata quella del Coltello Bergamasco, proposto nel 1999 ai Soci, quindi, nel 2003, è stata la volta del Coltello da pastore della Val Seriana, quello, per intenderci, a due lame.
Il primo dei due coltelli, quello Bergamasco, era squisitamente un serramanico da tasca di utilizzo contadino, di ogni giorno e perchè no per la caccia. Il secondo era una sorta coltello multiuso, specifico tuttavia per il pastore che aveva spesso necessità di praticare salassi agli animali con la lama più piccola.
I coltelli regionali hanno per me un grosso fascino. Sono spesso sottovalutati o dimenticati rispetto ai coltelli tattici (che poi di tattico cosa mediamente facciamo..boh) che vanno di gran moda.
Grazie, quindi, tantissimo per questo tuo post; anche perché è abbastanza difficile avere informazioni storiche e non solo sui nostri coltelli regionali.
Complimenti e grazie ancora
che strano però, da un altro PC ma con lo stesso browser riesco a vederle! belli davvero, anche a me hanno sempre affiscinato i coltelli un pò legati alle tradizioni e non solo quelli moderni sviluppati apposta per il marketing!
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